Selinunte è riconosciuta come uno dei siti archeologici più suggestivi del mondo. Nata come costola di Megara Iblea, colonia greca situata nei pressi di Augusta, Selinunte fu la colonia greca più occidentale della Sicilia. La sua data di fondazione è collocata da Tucidide nel 628 a.C., mentre Diodoro Siculo la pone nel 650-651 a.C. La nuova colonia, fondata da un inviato di Megara Nisea, in Grecia, rispondeva soprattutto alla necessità di nuove terre da coltivare più che di rotte commerciali. L’insediamento venne creato a discapito delle popolazioni locali, i Sicani e gli Elimi.
«Selinunte è, senza dubbio, uno dei siti archeologici più suggestivi del mondo»
I tratti urbanistici di Selinunte sono, sul piano formale, uno degli esempi più complessi e articolati della Sicilia greca e di tutto il mondo antico. La città sorse su di un altopiano calcareo, che termina con un tratto di costa alta, ben difendibile da aggressioni provenienti dal mare dove, in quel tempo, spadroneggiavano i Fenici, prolungandosi poi nell’interno, verso nord. A est e a ovest era invece lambito dai fiumi Cottone e Selinos, da cui il nome Selinunte. Le foci dei due fiumi, arretrate rispetto alla costa, costituivano due grandi insenature destinate a ospitare due porti distinti, il principale dei quali era quello costituito sul Selinos, a occidente.
L’acropoli era lunga 500 metri per un’estensione massima in larghezza di 300 metri.
«già nel cuore del VI sec. a.C. Selinunte era tra le città più prospere e popolate della sicilia»
Già nel cuore del VI sec. a.C. Selinunte era tra le città più prospere e popolate della Sicilia. La grande popolosità si può dedurre sia dall’estensione della città che da quella delle necropoli – a sepolture prevalentemente a inumazione, senza corredi sontuosi e prive della monumentalità di quelle di Megara Iblea -, con circa 100.000 sepolture ipotizzate. Secondo Diodoro Siculo, al tempo della sua caduta, nel 409 a.C., sarebbero stati presenti, esclusi gli schiavi e i meteci – i forestieri liberi che risiedevano stabilmente in città, esclusi dalla partecipazione attiva alla politica e gravati di particolari imposte -, 23.600 citttadini maschi, di cui 6000 uccisi, 5000 fatti schiavi e 2600 fuggiti ad Agrigento.
Nel 570 a.C. circa lo sviluppo economico-sociale della città richiese la fondazione, come sottocolonia, di Eraclea Minoa, a poco più di 60 km sul mare verso oriente. Infatti, nella strategia di Selinunte era diventata centrale l’occupazione delle terre pianeggianti migliori lungo il tratto di costa ancora non occupato dalla nascente grandezza di Agrigento, a sua volta neofondata sottocolonia di Gela (582 a.C.). Con Eraclea Minoa, alle foci del Platani, si venne così a fissare un confine con la vicina Agrigento, anche se è probabille che uno stanziamento selinuntino fosse già presente presso la moderna Sciacca, sempre sulla costa, costituendo così un’estensione costiera di possessi selinuntini decisamente imponente, con le sue zone pianeggianti per la coltura del grano che erano quasi senza pari nella Sicilia greca.
«intorno al 570 a.C. SELINUNTE FONDò, come sottocolonia, UN ALTRO SITO MAGICO: Eraclea Minoa»
La grandiosa sistemazione urbanistica di Selinunte, la neutralità verso la fondazione di Agrigento, lo sviluppo economico e demografico con la conseguente espansione territoriale, fanno propendere per l’emergere di governi tirannici a Selinunte almeno nei primi anni del VI sec. a.C., fautori di un assetto di città e campagna capace di assicurare sempre più abbondanti rifornimenti di grano e maggior prestigio per l’autore – tiranno – delle realizzazioni monumentali.
In questo contesto si comprende la pressoché costante politica filocartaginese di Selinunte, conseguenza di una realtà costituita dall’incontro tra la presenza mercantile dell’elemento prima fenicio e successivamente punico nella Sicilia occidentale con la capacità produttiva agricola della più occidentale delle colonie greche dell’isola: Selinunte e l’area fenicia della Sicilia occidentale rappresentavano infatti un’area economica omogenea, con precise connotazioni produttive e commerciali ripartite tra i differenti popoli presenti sul territorio.
«nei primi anni del vi sec. a.c. la sistemazione urbanistica di Selinunte fu grandiosa»
La serie delle tirannidi venne tuttavia interrotta proprio grazie all’aiuto dei cartaginesi. La natura del nuovo governo di Selinunte rimane sconosciuta, ma è probabile che si sia trattato di forme aristocratiche, legate allo sfruttamento della terra e ai rapporti privilegiati con Cartagine. L’atteggiamento filocartaginese della nuova classe dirigente, d’altra parte, si riconfermò numerose volte nel corso del V sec a.C., pur esistendo probabilmente nella città anche un partito democratico fautore di una più stretta alleanza con le altre città greche della Sicilia.
Il V sec a.C. rimane comunque un periodo di relativa oscurità nella vita politica e sociale di Selinunte. Quando Eraclea Minoa entrò nella sfera d’influenza agrigentina (480 a.C.), il fervore urbanistico della città sembra finire – tranne qualche intervento marginale – , così come la grande scuola di scultura selinuntina, attiva fin dalla prima metà del VI sec. a.C.
Nel 416 a.C. la richiesta di aiuto di Segesta ad Atene in occasione di un’ennesima controversia di natura territoriale e giuridica con Selinunte – i quasi 250 anni di vita di Selinunte sono contraddistinti dagli scontri con Segesta, la capitale elima, anche se in presenza di un trattato di epigamia, la libera unione tra i cittadini delle due città – rappresentò il presupposto del grande conflitto siracusano-ateniese (415-413 a.C.), che coinvolgerà contro Atene tutte le città greche della Sicilia tranne Agrigento e nel quale Selinunte non riuscì a portare aiuto all’assediata Siracusa, anche per l’opposizione di Agrigento al passaggio delle truppe selinuntine verso Siracusa stessa.
La sconfitta delle truppe ateniesi nel 413 a.C. spinse dunque Segesta a richiedere l’intervento di Cartagine (410 a.C.), forse anche in considerazione del probabile mutamento di governo di Selinunte in senso democratico e filosiracusano. E poiché Cartagine, alla fine del V sec a.C., si era indirizzata verso una produzione diretta delle derrate alimentari, grazie alle possibilità offerte dalle conquiste in territori africani, cessando dunque in gran parte di dipendere dalle importazioni, essa non esiterà a distruggere Selinunte, partner di antichi scambi commerciali. Così, nel 409 a.C. un piccolo esercito di circa 6000 mercenari sconfisse la resistenza di Selinunte durata nove giorni, con la distruzione della città e delle mura di cinta.
«nel 409. a.c. cartagine sconfisse selinunte, distruggendo la città e le mura di cinta»
Nella lotta tra Cartagine e Siracusa, Selinunte resterà definitivamente in mani puniche e il possesso di Selinunte dalla parte di Cartagine sarà confermato nei trattati greco-cartaginesi del 405, del 383, del 314 e del 306 a.C.
La Selinunte punica si restrinse alla sola area dell’acropoli, ma ebbe comunque, per la suddivisione amministrativa cartaginese della Sicilia, una notevole importanza, come dimostra il sistema di fortificazioni dell’acropoli stessa.
Dopo una breve parentesi di occupazione da parte di Pirro (276 a.C.), durante la prima guerra punica la popolazione venne evacuata e la città rimase, di fatto, definitivamente abbandonata.